12 luglio 2008

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

La Sanità calabrese che non funziona

La Sanità calabrese è un malato grave. Al suo capezzale si sono avvicendati nel tempo assessori regionali di varia estrazione politica, presto dimenticati perché non hanno lasciato un'impronta memorabile. Diversi anche i Direttori Generali che si sono succeduti alla guida delle ASL senza avervi apportato sussulti di qualità. In media sono durati 12-18 mesi e poi, anche se non hanno operato bene, alcuni sono stati riciclati in altre ASL, per ripetere inefficienze.
A livello locale, nella Piana, oggi viene garantita la routine e, a volte, nemmeno questa.
Gli egoismi localistici e gli interessi dei singoli prevalgono sugli interessi generali della popolazione, che ancora è costretta a spostarsi verso le isole felici delle eccellenze sanitarie.
Si andava meglio quando si andava peggio! Ricordo i vecchi Consigli di Amministrazione degli ospedali. I partiti locali sceglievano i loro rappresentanti, non sempre con un bagaglio etico impeccabile ma questi, poiché dovevano ben figurare di fronte ai loro concittadini, si sforzavano di garantire una certa efficienza, non lesinando farmaci o attrezzature indispensabili. Vennero poi le riforme. Il sistema sanitario doveva essere più equo, capillare, doveva garantire una migliore assistenza per tutti. Si inventarono i manager e le aziende. L'ammalato prese una nuova definizione, si chiamò cliente o utente, con un termine che la dice lunga su quello che sta diventando purtroppo la salute e cioè un mero fatto economico. Si introdussero gli obiettivi e i budget, nonché i DRG, cioè il costo unitario di una patologia. I primari furono selezionati sulla scorta di un rapporto fiduciario con il manager e si capisce come, in questo contesto, la politica, come al solito, prese il sopravvento. Molte cose, dapprima semplici, divennero complesse. L'eccessiva burocratizzazione, le consulenze a fior di migliaia di euro, l'incremento dei costi delle tecnologie hanno portato a deficit di bilancio paurosi. Le prebende e i privilegi si sono moltiplicati. Il risultato, che è sotto gli occhi di tutti, è un peggioramento dei livelli qualitativi, la disumanizzazione della medicina e il senso di solitudine e di scoramento che pervade il malato. E' del tutto evidente che al Centro-Nord la Sanità ha un passo più spedito, le risposte sono rapide ed adeguate, mentre il Sud langue nel suo ritardo che non è solo sanitario ma anche socio-economico. Nella nostra realtà, per essere buoni, è un mezzo disastro. Trent'anni fa c'erano cinque ospedali ben funzionanti, con diverse Unità Operative dirette da primari che facevano bene il loro lavoro anche in carenza di tecnologie avanzate e di super-specializzazioni. Oggi di quella realtà rimane ben poco. In nome dell'economia di spesa si è quasi del tutto disintegrato il poco che funzionava e, in sua vece, sono rimasti ospedali monchi, privi cioè ora di questo ora di quel servizio. La navetta delle analisi o l'ambulanza girano da un ospedale all'altro per l'esecuzione di esami diagnostici ed il malato viene, nel migliore dei casi, sballottato.
La Regione intende costruire quattro nuovi ospedali per chiudere quelli fatiscenti. Non si vorrebbe però che, in attesa del nuovo che è di la da venire, si eliminino quelle piccole realtà ben funzionanti che ancora danno risposte certe.Certo i tempi sono cambiati e bisogna modernizzare. E' indispensabile però aumentare i circa duecento posti letto attuali, adeguandoli al 4 per mille della popolazione. Non è più tollerabile la peregrinazione notturna di malati alla ricerca di un posto letto che, dopo ore, si individua in Sicilia o addirittura a Potenza. Fino ad alcuni anni fa il ricovero in ospedale era frequente e la degenza spesso lunga. Oggi, con l'incremento dei costi e la crisi economica, non si può consentire il ricovero per patologie poco impegnative. Le malattie devono essere affrontate in prima istanza dal medico di famiglia, che funge da filtro nei confronti del ricovero. Non esistono sul nostro territorio strutture intermedie tra la medicina di base e l'ospedale. Bisogna crearle al più presto per dare la possibilità al medico di fiducia di interagire con equipe di specialisti che possono tenere in osservazione il paziente per un tempo adeguato e, solo successivamente, deciderne le dimissioni o il ricovero. L'idea dell'ospedale classico, con molte unità operative di base, non ha più senso. All'ospedale bisogna ricorrere solo per patologie gravi. Tenendo conto dei dati epidemiologici, servono oggi soprattutto reparti di eccellenza per la cardiologia e la cardiochirurgia, per l' oncologia e la traumatologia. L'urgenza, l’emergenza è il problema principale che si vive negli ospedali. Di fronte a malati incidentati, con tumori, con infarto, bisogna provvedere ad un soccorso immediato, apprestando le terapie più valide ed efficaci ed utilizzando la tecnologia più avanzata. Speriamo che le" teste d'uovo" non partoriscano il solito topolino e cioè che non predispongano un Piano Sanitario che riproponga 3 o 4 reparti di eccellenza sul territorio calabrese, nelle quali si fa magari un intervento cardochirurgico alla settimana che significherebbe perdita di capacità operatoria da parte del sanitario. Serve un solo reparto di eccellenza per l'oncologia, la cardiochirurgia, la traumatologia. Tre o quattro sarebbero non solo inutili ma dannosi. Servono primari qualificati per ridare fiducia ai cittadini , creando le condizioni per porre fine all'emigrazione sanitaria. E' necessario che gli ospedali abbiano autonomia gestionale, con un budget prefissato, con un bilancio annuo in pareggio e che garantisca però i servizi. Gli attuali direttori sanitari degli ospedali possono decidere ben poco, dovendo gestire l'emergenza organizzativa con poco personale e tecnologia inadeguata, incidendo assai poco sulla realtà esistente. Perché una struttura privata abbia le carte in regola, serve il cosiddetto accreditamento, cioè l'insieme dei requisiti strutturali, tecnologici, di sicurezza, igiene, impianti, indispensabili ad una buona assistenza sanitaria. Per gli ospedali pubblici non si parla di accreditamento. Ma sarebbe ora che lo si facesse! Molte strutture, come verificato più volte dai Nas nel tempo, sarebbero immediatamente da chiudere. E' tempo che, anche su questo, la politica batta un colpo. Non sono d'accordo sull'ipotesi di reparti di lungo-degenza per anziani, mascherati da centri di riabilitazione, che si tradurrebbero in tristi cronicari, dove la solitudine fiaccherebbe il morale di persone già debilitate nel fisico e nella mente. Sono quindi a favore della medicina a casa del malato, con equipe interagenti con il medico di famiglia e costituite da specialisti, infermieri, assistenti sociali. Solo cosi l'anziano continua a vivere circondato dagli affetti dei familiari ed assistito secondo le sue necessità. Qualche parola va spesa sull' educazione del cittadino. Tutto, subito e gratis sono chimere. Le certificazioni fasulle di redditi bassi per non pagare il ticket, devono essere adeguatamente controllate perché, se ci sono pochi soldi, non si possono poi pretendere servizi. La Sanità richiede un'organizzazione complessa che può funzionare con il contributo di tutti, operatori e cittadini. Il dialogo deve essere la base di un rapporto corretto. Gli operatori devono avere un atteggiamento di accoglienza, ospitalità e comprensione. Il cittadino deve avere rispetto per il ruolo svolto dagli operatori, osservandone tempi ed organizzazione che sono necessariamente diversi nei vari reparti e nelle varie realtà.Le spese regionali per la sanità rappresentano il 75% del bilancio complessivo, di cui il 15% solo per contenzioso legale. Ciò significa che, a fronte di una spesa cospicua, si è fatto ancora poco ed abbiamo tutti il diritto di avere un' assistenza migliore. Fino ad oggi questa ingente massa di denaro non è stata canalizzata nel giusto alveo, ma si è dispersa in mille rivoli. Si deve aggiungere che i cittadini calabresi, secondo un'indagine statistica regionale, sono i più scontenti dell'assistenza sanitaria. 1135 % di loro ha espresso una valutazione negativa. Le colpe delle inefficienze non sono però soltanto dei manager nominati dai politici , ma anche di coloro che li hanno assistiti nella gestione e cioè i direttori sanitari ed amministrativi delle aziende. Spesso per comodità hanno taciuto su decisioni sulle quali non erano d'accordo ma che poi hanno determinato la situazione attuale.Per i modi e i tempi dell'attuale situazione sanitaria calabrese ci vorrebbe una rivoluzione. Le idee ci sono.
Ma le idee camminano sulle spalle degli uomini.
E quelli che devono cambiare il sistema, devono prima cambiare se stessi, il loro modo di pensare e di agire. Per attuare riforme efficaci, bisogna modificare i criteri che governano le scelte. E queste non possono più basarsi sulla lottizzazione e la spartizione del potere, ma sulle reali capacità dei dirigenti e dei funzionari. Finché le vecchie regole della politica autoreferenziale, fine a se stessa, persisteranno, continueremo ad avere una Sanità attaccata alla bombola d'ossigeno e il fiato corto continueranno ad averlo i cittadini e, tra questi, quelli più indifesi.
Dott. Giuseppe Ribuffo (indipendente)
Gioia Tauro RC